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9 giugno 2011

Il cielo stellato dentro di noi. Dall’astronomia all’astrologia, dalla filosofia alla religione, dall’immaginazione alla follia

Il cielo stellato dentro di noi. Dall’astronomia all’astrologia, dalla filosofia alla religione, dall’immaginazione alla follia, lezione-spettacolo tenuta da Marco Palasciano il 30 novembre 2009, è stata la nona e ultima performance di Il laboratorio musicale di Marco Palasciano, quarta edizione di Toccata e fuga. Incontri musicali intorno a un pianoforte in transito.

Il cielo stellato dentro di noi rappresenta l'anello di congiunzione fra Toccata e fuga (2003-2009) e i corsi di filosofia palascianiana (iniziati nel 2010), essendo stata la prima lezione-spettacolo di Palasciano (non contando le lecturæ Dantis, né gli altri eventi strettamente letterari, né gli interventi in eventi collettanei). Gran lezione-spettacolo sugli astri era, appunto, il titolo del post del blog dell'Accademia Palasciania in cui era annunciato Il cielo stellato dentro di noi, che vi veniva così descritto:
Il titolo dell’evento motteggia il motto di Kant «Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me». Palasciano intratterrà il pubblico su temi ora scientifici ora fantastici, come il significato attribuito dall’astrologia ai diversi corpi celesti, sui quali si proiettano le caratteristiche dei principali dèi dell’antichità; e ogni dio era in origine null’altro che metafora di una delle componenti della condizione umana, artificio poetico poi trasformatosi in credenza. Si parlerà anche di lunatici e viaggi sulla luna, della scoperta del pianeta di re Giorgio e del declassamento di Plutone, di astrofilia e astrofobia e altro ancora.
Il testo di Il cielo stellato dentro di noi, tra l'altro, riciclava alcune parti del palascianesco Discorso sopra lo stato presente del mito nella letteratura italiana tenuto a Napoli poco più d'un mese prima, e dava forma definitiva a un pensiero del 2007 sulla grandezza dell'uomo. Si trattò anche della storia dell'Accademia Palasciania, trovandosi alla chiusa delle celebrazioni per il suo decennale. Vi furono inoltre alcune letture dedicate alle ricorrenze – rispettivamente – della nascita di Ippolito Nievo, della morte di Fernando Pessoa, della nascita di Jonathan Swift, della nascita di Mark Twain e della morte di Oscar Wilde, dei quali Marco Palasciano declamò brani connessi alla notte e agli astri, insieme con cinque brani suoi e uno d'Immanuel Kant:

● Nievo, Le confessioni d'un italiano, cap. IX, framm.
● Palasciano, Pulcinella e l'orribile segreto del dottor Tavuorgius, framm.
● Palasciano, Le strade e le storie di Capua. Dialogo didascalico in otto quadri dove i vivi parlano coi morti, quadro II. Gli arcivescovi di Capua Nicholas Schönberg e Roberto Bellarmino nel racconto di Pulcinella, framm.
● Pessoa, Ode alla notte
● Kant, Critica della ragion pratica, conclusione, framm.
● Palasciano, Giove, da Planetarium
● Palasciano, sonetto da Storia di un umanesimo negato ovvero Un sonetto ed i suoi anagrammi
● Twain, Una curiosa escursione di piacere, framm.
● Swift, I viaggi di Gulliver, parte III, cap. III, framm.
● Wilde, Salomè, framm.
● Palasciano, Ferragosto e le gioie della specola, framm.

Locandina della conferenza (in verità quella affissa per
Capua in una decina di copie recava, al posto della foto
di Palasciano tra le stelle, un'altra illustrazione: una
testa di manichino con un'apertura nel cranio attraverso
la quale si vedeva un cielo stellato, contenuto nel cranio
stesso in luogo del cervello; illustrazione altrui, pescata
via motore di ricerca, e per il cui utilizzo non si sapeva
come chiedere l'autorizzazione). Cliccare per ingrandire.

La lezione-spettacolo si concluse con la declamazione d'un sonetto genetliaco dedicato a Domenico Callipo, Segretario onorario dell'Accademia Palasciania, pure del quale quel giorno ricorreva l'anniversario (il XXX) della nascita; dopodiché i palascianisti possibilitati lasciarono Palazzo Fazio e andarono a far festa in osteria. Nel sonetto, che per curiosità qui riproduciamo, Palasciano paradossalmente si scusava di non aver il tempo di scrivere un sonetto, e fingeva di non sapere se quel giorno si sarebbero visti (quando in realtà Callipo aveva il sicuro incarico d'aiutarlo a montare dal vivo, innanzi agli spettatori, un modello cartaceo del sistema solare):
Ahimè, se avessi il tempo d’un sonetto!
ma non l’ho, e me ne struggo e me ne strazio;
tutto son preso dal profondo spazio,
dagli astri, dal convegno che s’è detto;

tempo non ho nemmeno d’un versetto
che dica quanto in cuore ti ringrazio
di come a tanto Amleto fai da Orazio,
Càllipo callipigio e callidétto.

E piú mi fa doler che il compleanno
sia di tal peso; ché son trenta ormai
gli autunni ch’oggi a compimento vanno,

e oggi chissà se ti vedrò e gli auguri
far di persona ti potrò. Potrai
mai perdornarmi? Ahimè, che giorni duri!