I loghi dei due enti. |
● A distanza di qualche mese dalla nascita dell'Istituto Palascianiano per gli Studi Euristici, l'Accademia Palasciania, ripensatoci, e considerata l'«inutilità» del «tenere in piedi due enti palascianocentrici» quando finora ne era «bastato uno solo», pretendeva di riaccorpare a sé l'Istituto.
● L'Istituto rifiutava, naturalmente, di lasciarsi riaccorpare, facendo tra l'altro notare la risibilità d'un eventuale rimangiarsi la sua fondazione tanto presto, innanzi al mondo, «dopo un esordio con cotanta pompa».
● L'Accademia sbertucciava l'Istituto rammentando come tale «quantomeno prematuro» esordio si fosse dovuto a circostanze del tutto aleatorie. Difatti, durante la composizione grafica del primo manifesto (vedi immagine qui sotto) di La Grande Ruota delle Umane Cose (De Magna Rota Rerum Humanarum), Marco Palasciano si domandava come meglio riempire il quinto e sesto rigo della technopægnia triangolare; allora con sovrana incoscienza egli stesso aveva colto l'occasione per far sì che in quello spazio si stampasse, anziché «l'Accademia Palasciania», «l'IPSE (Istituto Palascianiano per gli Studi Euristici) / in collaborazione con l'Accademia Palasciania». Per cui non restava che fondare l'Istituto; il che era stato, in effetti, «come costruire una casa cominciando dal tetto».
Bozza del primo manifesto di La Grande Ruota delle Umane Cose (De Magna Rota Rerum Humanarum). |
● L'Istituto replicava rammentando all'Accademia come da diversi anni Marco Palasciano stesso accarezzasse l'idea di fondare un ente da chiamarsi «Istituto Palascianiano per gli Studi Euristici», e come fosse ormai ora d'esaudire «un così nobile desiderio», profittando della «meravigliosa occasione» delle otto conferenze sulla Ruota assiologica palascianiana.
● L'Accademia faceva allora notare come il principale motivo per cui Marco Palasciano vagheggiasse da anni di fondare l'Istituto era semplicemente che «il nome suonava bene», e come ciò naturalmente – a parer di lui stesso – non costituisse una «sufficiente ragione» (senza contare che tale nome non era, o non pareva, altro che una «feticistica imitazione» del nome dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici).
● L'Istituto ribatteva che «Al mondo, in generale, non esistono “sufficienti ragioni”, la Ragione da sola non bastando a dare spiegazione fino in fondo di nessun fenomeno».
A quel punto la questione, infiltrata da memi metafisici, perdeva di significato, così come l'introduzione dello zero tra i fattori d'un prodotto rende il prodotto nullo, quali che siano gli altri fattori. E, smarrito il significato, ci si era rivolti ai significanti: l'Accademia Palasciania si era risolta a mutare nome in «Accademia Palasciania di Lettere, Arti e Attivismo Etico», cancellato l'aggettivo «Euristico» per lasciare l'euristicità in esclusiva all'IPSE; e la disputa aveva avuto fine.