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30 maggio 2011

Incipit per una commedia ovvero Parafrasi personalizzata della prima terzina dell'«Inferno» di Dante

Poeta dal buffo copricapo rosso.
A un terzo del mio secolo di vita,
tra gli sterpi correndo
in infinito cerchio
con strani animali ansiosi d’asciugarsi dopo l’ultimo
lachrymoso diluvio,
sempre incalzato dallo spettro di quel Poeta
dal buffo copricapo rosso il quale
io in corsa rattamente volgendomi a guardare
vedevo a sua volta avere
alle spalle tutta una folla
di personæ nonché archetipi
antropomorfi e zoomorfi e teratomorfi
quali già sguinzagliò
sir Peter cineasta enciclopedico
sull’isola di Prospero
chi brandendo un sestante chi una lira
chi una sciabola chi un libro aperto,
io,
in affannata corsa
verso non sapevo piú che zenith
e partito da non sapevo piú che nadir
o viceversa,
affatto lasso,
mezzo infangato
da un paio di cadute da far ridere
les hommes d’équipage,
maglietta lacerata dagli spini
e sbrendolata come la veste di madonna Philosòphia,
io,
Políphilo/Pollicino/Palasciano,
mi ritrovavo in quella
che per metafora obbligata chiameremo una selva oscura,
o bosco iniziatico
dal quale l’adolescente di turno non è piú uscito
senza però per questo
ricevere in dono fatato
l’aeromobilità di Peter Pan;
e in questa selva che è piú un ipnolabirinto
o, spostando l’interesse dalla sua oniricità
alla sua multidimensionalità, iperlabirinto,
non solo la diritta via mi si era smarrita
ma, poiché nell’ultimo terzo di millennio
cadde dal trono anche la Geometria euclidea,
ora,
se pure
avessi ritrovato quella via,
per diritta che vi sarebbe parsa,
avrebbe intersecato
dïosà quante vie
ad essa parallele
e potuto perfino guidarmi, con crudele inganno,
io distratto da bachi e da conigli,
a precipitare
nelle fauci
titaniche di un buco nero,
intorno al cui orlo,
come stelle sul mare palpitanti,
i Quanti ognora saltellano, irridendo
il decrepito Apollo storte frecce,
nella teoria o danza
del Caos che tutto move.
20 settembre 2001: compio 33,33333333 ecc. anni

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